lunedì 26 agosto 2024 La piccola fiammiferaia giallorossa

Considerato ormai concluso il processo di canonizzazione della proprietà con la rodata formula 4S (Saverio Sticchi Santo Subito) e archiviata l’età dell’onanismo del buon Pantaleo, mettiamo sul tavolo qualche ragionamento provvisorio basato sui numeri, i primi dei quali ci dicono due cose che suggeriscono comunque opportuna cautela: 1) il Lecce dopo due giornate è a un solo punto da Milan, Roma e Bologna, possiamo anche noi ancora legittimamente aspirare a un posto Champions; 2) mancano (ben) 3 giorni alla fine della campagna trasferimenti, quindi siamo autorizzati a sognare un Umtiti o un Pongracic last minute.
Tralasciamo la complicata valorizzazione degli effetti economici e finanziari delle tanto commentate plusvalenze, effetti certamente diluiti su più esercizi, e teniamo pur nel dovuto conto lo sforzo fatto per ripianare perdite passate derivanti da Covid e campionati in serie B e C. Restano i dati di fatto: 1) Il Lecce ha incassato nel 23-24 40 milioni di diritti televisivi, per circa il 50% derivanti dalla macrovoce "radicamento sociale", rappresentata in prevalenza da audience televisiva e spettatori (fonte Gazzetta dello Sport); 2) ha ottenuto nella stessa stagione circa 6,5 milioni di ricavi da soli abbonamenti (dato sottostimato perché considera una media dei soli prezzi di rinnovo di posti di curva, distinti e tribuna est); 3) avrebbe incassato, stando al bilancio di esercizio 2023, 6,3 milioni di introiti legati al marchio, vale a dire sponsorizzazioni, merchandising e cartellonistica 4) a questi importi vanno aggiunti 4,1 milioni come premio di piazzamento della stagione 2023/2024; 5) la società ha conseguito un risultato netto di esercizio nel 2022/2023 per 0,8 milioni, ma, va detto, lo stesso risultava negativo per 15 milioni nella stagione precedente, perdita presumibilmente portata a nuovo, e quindi da riassorbire (fonte Eurosport).
Di fronte a questi numeri sorgono spontanee alcune domande. Guardando al fatturato complessivo e al contributo del territorio (vale a dire il 50% degli introiti da diritti TV e il 100% del monte abbonamenti, trascurando merchandising e simili) non sarebbe il caso di ridimensionare la narrazione da piccola fiammiferaia che accompagna ogni volta le stagioni dei giallorossi nella massima serie e che si ripropone anche quest’anno? E’ veramente indispensabile aspettare gli ultimi secondi del calciomercato per costruire una squadra competitiva, o non ci sarebbero forse le risorse per un’azione maggiormente tempestiva e per una razionale programmazione della stagione agonistica? E’ indispensabile andare a prendere "scommesse" da campionati di seconda o terza fila, con il risultato di avere una rosa in cui solo quattro sono i giocatori di nazionalità italiana, di cui due dichiaratamente "fuori dal progetto", ed esponendosi a sgradevoli valutazioni sull’immagine della società da parte dell’ambiente? Forse sarebbe opportuno far "girare" un po’ di quei denari provenienti dalle mai abbastanza benedette plusvalenze? Possibile che solo per le strade del Salento i ragazzi non giochino più a pallone, mentre a Empoli sì (17 italiani su 33 giocatori in rosa) e a Venezia pure (13 italiani su 33), dove si palleggia tra le calli perdendo, immaginiamo, un numero incalcolabile di palloni nei canali? E se esistesse per la direzione tecnica, parenti esclusi, un sostanzioso ritorno economico (ma non vogliamo crederlo) nel massimizzare il valore delle plusvalenze, con tutto quello che ne consegue sulle stravaganti modalità di scouting, al di là della pur importante gratificazione professionale? E, da ultimo, i nostri allenamenti all’Acaya, si fanno con le cuffie e la traduzione simultanea? Ragioniamoci su (come diceva quel comico) aspettando il Cagliari (12 italiani in rosa).
(o-w.k.)